Google è intelligente?

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Fin dalla sua nascita Google è sempre stato in continua evoluzione, con miglioramenti all’algoritmo periodici e risultati sempre più precisi.
Bisogna però ammettere che fino a 2-3 anni fa non si era mai distaccato tanto dalla concezione classica di “motore di ricerca”: inserito del testo (query) all’interno del form di ricerca, viene restituito un elenco ordinato (serp) di documenti (pagine web).

L’evoluzione tecnologica, così come quella naturale, procede per salti: negli ultimi 2-3 anni stiamo assistendo ad una vera e propria evoluzione del motore di Mountain View.
Oltre al cambio di logo e al cambio amministrativo molti addetti ai lavori hanno notato un profondo cambio del servizio principale di Google: il motore di ricerca.

Tale evoluzione del sistema, che porta tutti nel mondo delle intelligenze artificiali e reti neurali, mi fa domandare se Google sia Intelligente, ovvero, secondo la definizione di Piaget , sia capace di adattarsi all’ambiente che cambia, al contesto sociale e fisico in continuo mutamento.

Vuoi una risposta, non miliardi di pagine web

– cit.Google

I risultati della evoluzione sono agli occhi di tutti, la pagina dei risultati di ricerca è molto diversa da qualche tempo fa e non sono solo i siti a essere elencati, ma diversi aspetti dello stesso argomento principale, come schede di Google Maps, Rich Snippet (risultati zero), Box con le news etc…
Google non pone più l’attenzione sulle pagine web, ma su cosa vogliono gli utenti.

Come già evidenziato da moltissimi SEO,  da un motore di ricerca di documenti web  Google si è trasformato in un motore di ricerca di intenti : l’utente ha bisogno di qualcosa e l’intelligenza artificiale gli restituisce i risultati migliori, che potrebbero anche essere qualcosa di diverso da un sito web.
La sfida non è solo cercare informazioni, ma cercare e rispondere all’utente.

Per fare un esempio, se cerchiamo “classifica serie A” , probabilmente vogliamo semplicemente consultare la classifica del campionato di calcio italiano, non avere un elenco di siti determinato da un algoritmo potenzialmente “ingannabile” dalle persone attraverso l’inserimento di tag e link .
Google lo sa e ci da direttamente la classifica senza costringerci ad aprire un altro sito.

L’introduzione poi dell’assistente Google su Android ci fa capire che questa modalità di risposta, non legata solo ai documenti web ma al complesso ecosistema delle informazioni, è sicuramente l’inizio di qualcosa di molto importante che continuerà a svilupparsi.
Già oggi, tra i risultati zero e nuove funzioni introdotte ogni giorno,  gli esempi di risposte degne di nota che potrei citare sono moltissime. Esse possono soddisfare molte esigenze, da aiutare  a combattere lo stress di dipendenti statali vintage a  superare il gap linguistico.

Da una mole impressionante di dati non ordinati Google sembra ricavare delle “entità” , che possono essere ad esempio un determinato Hotel o un determinato attore, e costruirci intorno un complesso sistema di relazioni.
Se la domanda dell’utente è chiara, la risposta è chiara e precisa.
Se la domanda è generica, la risposta sarà più articolata, presentando all’utente diverse opzioni relativi a vari aspetti dell’entità.

Se cerchiamo  “buco nel muro” , ci vengono proposti sia siti che trattano di come riparare un “buco nel muro”, sia siti che trattano di come fare un “buco nel muro”, sia ovviamente dei suggerimenti di ricerca per essere più precisi: se scegliamo di fare il buco allora ci dirà che abbiamo bisogno di un trapano e  oltre alle videoguide su come usarlo, ci proporrà le schede prodotto per comprarlo su  Amazon.
Ho scelto questa chiave ricerca per nel mondo del marketing si è soliti citare un motto di Philip Kotler che dice “la gente non vuole un trapano, vuole un buco nel muro“.
Google lo sa bene, indipendentemente dalle parole che cerchi, ti ricorderà che per fare un buco nel muro hai bisogno di un trapano, se non lo hai puoi acquistarlo da Amazon, se non lo sai usare puoi guardare un video su Youtube, e se sbagli puoi anche ripararlo cambiando chiave di ricerca.

La domanda delle principale però è: come riesce un software a fare tutto questo?

L’intelligenza artificiale

Ovviamente possiamo partire da quello che dichiara Google e fare delle speculazioni.
Sappiamo con certezza che i fattori che aiutano Google a interpretare la domanda e a fornire la risposta migliore sono oltre 200 e ciascuno di queste variabili ha un peso mutevole.

Tra le variabili facilmente osservabili e utilizzabili da Google per il suo scopo, oltre a quelle note (come il numero di link di collegamento tra documenti), ce ne potrebbero essere alcune altrettanto importanti ma meno pubblicizzate come:

  •  il numero di ricerche (query) e la correlazione dei termini cercati (se molte persone in una zona cercano “pizza fritta da Ciccio” , probabilmente Google scoprirà c’è una pizzeria “da Ciccio” che fa pizze fritte molto richieste, anche se da Ciccio non c’è mai stato)
  • la correlazione di termini nei documenti (pagine web) presenti nell’indice Google (se molte persone recensiscono Ciccio complimentandosi per la pizza fritta, probabilmente Google scoprirà che la pizza di Ciccio è buona, anche se non l’ha mai assaggiata)
  • le informazioni presenti in Google my Business , che negli ultimi tempi ha rivoluzionato il suo funzionamento
  • CTR, tasso did click nella pagina dei risultati (Se le persone che cercano “dove mangiare pizza fritta”  scorrono la pagina dei risultati fino a far click sul sito di Ciccio, probabilmente è perché consultando l’elenco si son ricordati che Ciccio fa la pizza migliore)
  • Pogo Sticking (Se le persone che cercano “dove mangiare pizza fritta” entrano nel sito di Franco ma escono subito per cliccare su un altro risultato, significa che la pagina web di Franco non li ha soddisfatti, perchè forse dalle foto si capisce la pizza fritta non è grande come quella di Ciccio)

Tutte le variabili vengono elaborate probabilmente attraverso una rete neurale artificiale, dove ogni variabile rappresenta un neurone dal peso diverso.
I pesi vengono determinati attraverso un processo di autoapprendimento supervisionato, come quello di propagazione a ritroso .
In parole povere, il peso di ogni variabile viene cambiato fino a che il risultato non è coerente con quello atteso, ovvero quello stabilito attraverso l’osservazione del comportamento di umani.
Gli umani osservati possono essere sia i quality rater di Google, sia un campione di utenti di Google Chrome e Android, sia utenti loggati a Google, sia le local guides di Google Maps e gli utenti di un determinato sito monitorati attraverso Google Analytics.
Il risultato ricavato dall’osservazione del loro comportamento e da dati oggettivi ricavati da quest’ultimo viene costantemente confrontato con il risultato prodotto dall’algoritmo previsionale al fine di migliorarlo.

Questo modalità di funzionamento, secondo la mia esperienza, è molto più verosimile di alcuni studi e teorie che vedono i dati oggettivi (ad esempio il traffico diretto, le pagine viste etc…) scendere in campo direttamente per determinare il ranking delle pagine web per varie motivazioni:

  • è decisamente più economica in termini di potenza di calcolo
  • consente all’algoritmo di migliorarsi continuamente
  • consente all’algoritmo di essere applicato a contesti diversi
  • è più coerente con quanto dichiarato da Google sugli esperimenti sul traffico

Credo che non serva conoscere il traffico diretto di un sito web per capire se il sito è utile o fa schifo, così come credo che non serva conoscere la dichiarazione dei redditi di una persona per capire se è ricco o è povero.

Da questo punto di vista, Google non imita, non fa le scelte che fanno gli umani, cerca piuttosto di capire quali siano le motivazioni per cui gli umani fanno delle scelte piuttosto che altre.

“Il nostro obiettivo è aiutarti a trovare la risposta giusta più rapidamente, creando una connessione quasi continua tra te e l’informazione che cerchi.”  – cit.Google

Da questa connessione Google diventerà più umano, più intelligente.


Come dice Francesco Margherita

“La SEO è lo sforzo più bello mai fatto dall’essere umano per comprendere se stesso”

Seconto te Google è già intelligente? Quanto è intelligente?
Dei ricercatori Cinesi hanno recentemente stabilito che l’intelligenza di Google è come quella di un bambino di 6 anni, anche se dalle risposte dell’assistente vocale potremmo pensare che sia un già un cinquantenne.

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